Print this page
Bitcoin Etehereum e altre criptovalute. Devo inserirle in dichiarazione dei redditi?

Bitcoin Etehereum e altre criptovalute. Devo inserirle in dichiarazione dei redditi?

Ultimamente sono sempre più frequenti le richieste di chiarimenti legate al trattamento delle criptovalute e delle monete digitali.

Molti, già da diverso tempo, seriamente o per gioco, hanno iniziato ad interessarsi al tema e ad investire delle somme di denaro in questi asset. Recentemente però questi asset si stanno apprezzando in maniera molto veloce e sempre più persone detengono portafogli che, a fronte di un investimento iniziale limitato, ora hanno raggiunto valori considerevoli. In molti vorrebbero liquidare le proprie posizioni o capire, a questo punto, quali sono le criticità fiscali a loro carico. Ma cosa comporta il possesso o la compravendita di criptovalute a livello dichiarativo? Vediamo i principali dubbi che stanno emergendo.

Nel 2020 ho acquistato delle criptovalute, ma non ho fatto altre transazioni oltre all’acquisto iniziale, devo dichiararne il possesso?

Sì, quando questi asset sono detenuti per il tramite di una piattaforma exchange che ha sede all’estero, occorre dichiarane il possesso mediante presentazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, che rappresenta parte del Mod. Redditi PF. Il quadro RW può essere presentato autonomamente anche da chi utilizza il mod. 730. Il possesso delle chiavi private su supporti detenuti in Italia, senza l’ausilio di alcun exchange, esonera dalla presentazione.

Effettivamente avevo letto qualcosa relativamente al quadro RW, ma avevo capito che c’era una soglia di esonero dalla presentazione al di sotto dei 15.000 euro. Non è così?

Il limite di 15.000 euro di valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta, al di sotto del quale non è necessario il monitoraggio fiscale non sarebbe applicabile nel caso delle criptovalute Tale limite, infatti, si riferisce ai conti correnti e depositi esteri, mentre le criptovalute sono state assimilate alle “altre attività finanziarie”, che utilizzano un diverso codice di monitoraggio; oltretutto, i conti correnti estero scontano una piccola imposta, non dovuta per le criptovalute. Il mio consiglio è quindi quello di dichiarare le criptovalute a prescindere dal valore posseduto.

Capisco. A dire la verità avevo fatto un piccolo acquisto già nel 2019, ma non ho dichiarato nulla perché pensavo ci fosse la franchigia di 15.000 euro, che succede ora?

La sanzione per omesso monitoraggio fiscale correlato al quadro RW comporta l’applicazione della sanzione che varia dal 3% al 15% dei relativi valori non dichiarati (dal 6% al 30% per le attività detenute in Paesi Black List). La sanzione, inoltre, in caso di redditi esteri non dichiarati (se ci sono state plusvalenze che era necessario riportare in dichiarazione) va dal 90% al 180% per l’infedele dichiarazione, con aumento di 1/3 trattandosi di redditi esteri. Puoi però avvalerti del ravvedimento operoso, che ti permette di ridurre in maniera significativa la sanzione (fino ad 1/7 per violazioni relative al periodo d’imposta 2019). E’ quindi opportuno regolare la posizione non appena possibile.

E se avessi fatto anche delle transazioni per monetizzare i miei guadagni? Devo pagare le imposte?

Ai fini IRPEF le valute virtuali possono generare un reddito diverso, tassabile secondo la previsione dell’art. 67 del TUIR: può dunque rilevare ogni conversione di bitcoin con altra valuta virtuale (o da valute virtuali in euro) realizzata per effetto di una cessione a pronti se la giacenza media dell’insieme dei “wallet” (portafoglio elettronico, considerato l’equivalente di un deposito tradizionale ai fini dell’art. 67) detenuti dal contribuente, ha superato il controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi (risoluzione n. 72/E del 2016). In caso di acquisti/cessioni plurime, dovrà essere utilizzato il criterio LIFO.

Le plusvalenze realizzate per effetto di una cessione di criptovalute a termine costituiscono sempre redditi diversi. Di conseguenza, come tali, devono essere indicate nel quadro RT del modello Redditi PF di dichiarazione ed essere assoggettate ad imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento.

La mia attività sugli exchange sta fruttando e sta diventando piuttosto impegnativa, devo aprire una partita iva?

No, quando l’attività è personale o comunque non rivolta al pubblico, non è necessario aprire una partita iva. L’attività di intermediazione e di compravendita di criptovalute rivolta al pubblico, invece, è attività riservata e può essere svolta solo se si è in possesso di determinati requisiti.

Con la mia società vorrei registrare un NFT, ma per farlo ho bisogno di acquistare Ethereum, posso farlo?

Sì, è possibile farlo ed è legale. Per le società e per le imprese (quindi anche ditte individuali) le criptovalute sono considerate al pari di una valuta estera, e devono essere quindi applicate le stesse regole di tassazione previste nel caso di operazioni effettuate, ad esempio, in dollari (Ris. n. 72/E/2016).

Lo stesso intervento dell’Agenzia delle Entrate ha altresì chiarito che le operazioni di acquisto e cessione di criptovalute in alternativa all’uso della moneta tradizionale sono considerate operazioni di cambio valuta e pertanto esenti IVA.

Ok ma come si valutano le criptovalute se le detengo al termine dell’esercizio?

I bitcoin e le criptovalute che a fine esercizio sono nella disponibilità (a titolo di proprietà) della Società devono essere valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e tale valutazione assume rilievo ai fini fiscali ai sensi dell’articolo 9 Tuir.

Vista la particolare natura dell’asset, si preferisce però considerarlo come un credito, anche se il suo valore è caratterizzato elevato tasso di volatilità e frutto di una funzione algoritmica.